È nata a Roma sei mesi fa, sull’onda di una pandemia lacerante che molti sostenevano fosse superata ma che ha dato luogo a una seconda ondata forse ancora più letale, l’Assemblea della Magnolia. Fortemente voluta dalla Casa internazionale delle donne e sostenuta da tantissime associazioni, gruppi e individue, l’Assemblea è riuscita a produrre, grazie a una fitta rete di relazioni e discussioni, un documento politico (che alleghiamo) che individua i nodi che il Covid-19 ha fatto prepotentemente emergere e propone soluzioni di genere attente ai diritti e alle libertà delle donne.

“Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite. Noi siamo la cura”: questo il titolo del documento che sottolinea il baratro nel quale siamo piombati tutte e tutti e chiarisce senza infingimenti che il cambiamento dovrà obbligatoriamente essere radicale e femminista o non sarà, perché l’epidemia Covid-19 non va affrontata “come una ‘guerra da vincere’ e per tornare alla ‘normalità’, ma come occasione per cambiare in radice noi, donne e uomini, e il mondo in cui viviamo”.

La salute, la scuola, il lavoro, i diritti umani, l’economia, l’ambiente, la pace, il contrasto alla violenza di genere devono essere declinati attraverso il fitto tessuto della cura che è “qualità dei corpi e delle menti”.

Da oggi il documento diventa patrimonio di tutte le donne che vorranno sottoscriverlo e strumento concreto di vertenza politica con le istituzioni italiane ed europee. Perché il Recovery Fund può essere una grande opportunità o, viceversa, un trabocchetto; perché il Piano di Ripresa e Resilienza può dare un significativo segnale in controtendenza o, viceversa, rovesciarsi nell’ennesima manovra predatoria e antisociale.

Ecco perché il documento appena licenziato sarà inviato alle deputate e senatrici italiane, alle parlamentari europee, alle donne nelle istituzioni, alle rappresentanti politiche, ma anche alle operatrici della salute, della scuola e dei servizi e alle migliaia di volontarie che hanno fornito il loro lavoro a sostegno delle persone più deboli nel corso della pandemia. Alle femministe. A tutte verrà chiesto di condividerlo e di farne strumento di intervento politico e, se necessario, di conflitto.

Inoltre, oggi stesso il documento verrà recapitato sulla scrivania di Mario Draghi perché prenda atto che nessun passo ulteriore verso la ricerca di una soluzione può essere compiuto senza il punto di vista delle donne. Chiediamo, quindi, che quel lento processo di audizioni che era già iniziato non cessi, anzi, si rafforzi con la costruzione di un tavolo attorno al quale in modo condiviso e paritario si sviluppi un indispensabile confronto.

Sarà il prossimo 8 marzo il giorno che simbolicamente e concretamente segnerà la verifica della capacità del governo di invertire la rotta che sta portando il mondo e le persone che in esso vivono verso una distruzione ampiamente annunciata. Se entro quella data non ci saranno segnali, la politica sarà sempre più sola e inutile.

Roma, 6 febbraio 2021

Le donne e le associazioni dell’Assemblea della Magnolia 

Aggiornamenti

Documento Assemblea della Magnolia

sabato 6 Febbraio 2021

Documenti

Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite.

Noi siamo la cura.

Siamo le donne dell’Assemblea della Magnolia che si incontrano dal mese di luglio su iniziativa della Casa Internazionale delle Donne di Roma. Una pluralità di donne, tantissime e diverse, con le loro competenze e soggettività, da sempre impegnate per la libertà e l’autonomia delle donne e a praticare “la cura del vivere”, nelle esperienze personali e sociali, e nella politica.

È in ragione di questa forza che vogliamo prendere parola e contribuire alle scelte da fare oggi, per affrontare l’epidemia Covid-19, non come una “guerra da vincere” e per tornare alla “normalità”, ma come occasione per cambiare in radice noi, donne e uomini, ed il mondo in cui viviamo.  Costruendo qui e ora un futuro a misura delle necessità e all’altezza dei nostri desideri.

Con la pandemia il pianeta ha fatto sentire la sua voce.

Per la prima volta milioni e milioni di donne e di uomini hanno contemporaneamente condiviso paure, angosce, dolore, isolamento, solitudine. È esplosa la fragilità dei corpi e delle nostre vite, l’interdipendenza delle relazioni, i bisogni della cura del vivere. Ma questa esperienza collettiva oggi non trova significato.  

Continuano le inerzie delle vecchie idee, restano indiscussi i modelli che hanno dimostrato il fallimento, si ripetono stereotipi che accettano la divisione sessuale del lavoro come ordine naturale, lasciando le donne senza libertà.  Il Covid smentisce invece ogni continuismo, rimettendo al centro i bisogni della cura, dell’altro/a, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia, dichiarandoli definitivamente non compatibili con l’interesse di un’economia del profitto.

Il Covid si è manifestato infatti innanzitutto come crisi della cura, prima ancora che crisi sociale ed economica, persino sanitaria. La pandemia ci ha dimostrato quanto siano fondamentali quei grandi beni comuni come la scuola, la salute, la tutela dell’ambiente, la dignità del lavoro, i servizi sociali. Ha mostrato l’incapacità e la fragilità dei sistemi pubblici impoveriti dai tagli, drammaticamente insufficienti anche in tempi normali.

Come sarebbe stato diverso vivere questa pandemia se ci fosse stata una medicina di comunità, ospedali sicuri, personale sanitario e sociale presente in numero adeguato ed in modo costante, servizi per l’infanzia, scuole accoglienti e sicure, servizi di sostegno alle persone fragili.

Se la capacità di cura del paese fosse stata più forte, meno drammatico sarebbe stato l’impatto sui nostri ospedali, sui servizi di assistenza agli anziani, sui trasporti, sulla scuola e infine sulla nostra economia.

Se la violenza contro le donne fosse stata veramente considerata come un fenomeno strutturale e come una reale drammatica emergenza, aggravata e allo stesso tempo oscurata dalla pandemia, non sarebbe stato così alto il prezzo pagato dalle donne.Se avessimo avuto una rete adeguata di trasporti, servizi sociali forti e presenti, scuole ben tenute e classi non affollate, le conseguenze della pandemia sarebbero state più affrontabili e sostenibili.

Se il sistema dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori fosse stato più forte e più equo, oggi avremmo meno poveri, meno persone senza lavoro e senza prospettiva.

Se avessimo avuto politiche di apertura e inclusione verso tutti e tutte, nativi e migranti, se non avessimo pensato che la sicurezza fosse alzare muri e chiudere frontiere, se avessimo lavorato per costruire una società pienamente multiculturale e decoloniale, oggi vivremmo tutte e tutti in una condizione più ricca, civile ed umana.

Se non avessimo avuto un sistema di produzione agricola al servizio delle multinazionali, oggi potremmo controllare vecchi e nuovi spillover, costruire prospettive nuove di lavoro compatibile, difendere il territorio dall’abbandono.

Se non avessimo investito così tante risorse nella produzione e nella vendita di armi, se non avessimo scelto modelli di sicurezza militaristi a scapito della vera sicurezza umana, non avremmo sistemi sociali e di relazioni così indeboliti e fragili.

Le parole, cura come vulnerabilità e dipendenza ricorrono certo nel discorso pubblico sulla pandemia, ma spesso in modo riduttivo, o retorico. Come se riguardassero solo le terapie, sanitarie e sociali, della malattia del virus. E potessero essere messe da parte, quando la salute tornerà ad essere la condizione normale di vita. Magari investendo più risorse ed energie, per garantirla, senza spingersi oltre un moderato riassetto dell’organizzazione esistente. Senza cambiare le priorità, senza affrontare le cause di fondo sia della malattia che ha contagiato il mondo, sia delle altre malattie, altrettanto contagiose e profonde, che sono divenute manifeste con il diffondersi del virus, e con le difficoltà e incapacità, sempre più evidenti e pericolose, a contrastarne la diffusione e gli effetti. 

Se è vero che il virus è il prodotto, non unico, non isolato, dell’Antropocene, ovvero del modo in cui gli uomini – sì il sesso maschile – hanno dominato sul pianeta, devastandolo, ed hanno fatto del potere e del dominio il principio cardine delle vicende della propria specie, è altresì vero che da sempre le donne hanno condiviso l’esperienza della cura della vita.

Un’esperienza in cui si sono intrecciati al destino naturale e al ruolo obbligato saperi e competenze. Abbiamo appreso, noi donne, ad avvalerci di questo patrimonio, rompendo la gabbia di un’identità femminile che tutte ci accomunerebbe, in ragione di una stessa condizione. La cura è il guadagno più prezioso che abbiamo tratto dal nostro lavoro politico. Ed è la ricchezza che vogliamo investire per un futuro diverso per le donne, per l’umanità tutta e per il pianeta.

Per questo affermiamo che le donne sono le protagoniste necessarie e centrali della politica. A partire dal Piano di ripresa e resilienza. E’ positivo che nel Piano non vi sia un capitolo specifico di politiche per le donne. Ma non basta la trasversalità; è lo stesso concetto di “politiche di genere” che ci sta stretto. Tutte le politiche devono essere “di genere”, pensate, costruite e finanziate sapendo che nel mondo e nella società esistono donne e uomini e tante sono le differenze. Tutte le politiche, tutte le scelte vanno monitorate, valutate per il loro impatto sulle differenze, prima, durante e dopo la loro attuazione.  

Non vi è dubbio che le donne abbiano pagato il prezzo più alto alla pandemia, e che le disuguaglianze tra i sessi devono essere una priorità del Piano. Ma non siamo più il “secondo sesso bisognoso di tutele”; non siamo solo discriminate, o peggio eternamente a rischio di essere respinte indietro. 

Se il lavoro di cura femminile è penalizzato, sia quello gratuito e invisibile che ognuna di noi svolge, sia quello sociale, sfruttato, malpagato, deprivato di diritti, soprattutto se svolto da migranti; se il sistema economico, privato e pubblico mira ad appropriarsi della cura, negando qualità e riconoscimento a chi la pratica, noi non vogliamo ridurre la cura a una questione di migliore redistribuzione di compiti tra uomini e donne, né tra servizi sociali e famiglie.

La cura che mettiamo al centro della politica è qualità dei corpi e delle menti, delle differenti soggettività, del legame sociale e della interdipendenza. E’ cura dell’ambiente, dei territori urbani, dei beni comuni. E’ cura del linguaggio, della ricchezza del multiculturalismo, dei saperi, dell’educazione ed istruzione, dalla prima infanzia alla vecchiaia. E’ cura del lavoro, della sua dignità e della sua qualità. Nessuno sviluppo, nessuna crescita può essere costruita svalorizzando e deprezzando il lavoro.

Non possiamo più sopportare spese per gli armamenti o grandi opere inutili e devastanti.

Dobbiamo affrontare le nostre vere fragilità, altrimenti i provvedimenti di sostegno e aiuto che verranno presi rischiano di provocare effetti paradossali o di non riuscire ad essere efficaci.

Senza affrontare la questione dei contratti precari, la decontribuzione per i nuovi assunti rischia di incentivare il licenziamento di lavoratrici e lavoratori stabili, per assumere lavoratrici e lavoratori precari, che non godono più delle tutele precedenti al job act e che costano meno.

Senza affrontare la questione delle assunzione nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici, le misure di rafforzamento e di investimento nei servizi, possono tradursi in una ulteriore privatizzazione e esternalizzazione di funzioni pubbliche, con la conseguenza di un ulteriore impoverimento della PA, di una crescente precarietà dei lavoratori e delle lavoratrici dei servizi, di una mancanza di unitarietà, trasparenza e efficacia nell’azione dell’amministrazione, di una crescente incapacità di gestire le funzioni di prevenzione, di salute pubblica, di programmazione e di controllo.

Rilanciare la capacità di intervento pubblico a garanzia dei diritti fondamentali deve essere la priorità delle priorità. Quello che fino ad oggi è stato considerato residuale ed a cui sono state dedicate briciole di risorse da parte delle politiche economiche e sociali che si sono succedute, devono essere invece centrali nell’agenda politica e considerate motore dello sviluppo economico e sociale. Le risorse vanno accompagnate da profondi mutamenti nelle politiche, che superino le politiche di austerità non solo nella possibilità di indebitamento nell’emergenza, ma come ricostituzione di un sistema di tutele, diritti delle cittadine e dei cittadini e capacità di intervento e iniziativa delle istituzioni pubbliche.

Il cambio di paradigma deve essere radicale, da subito. E’ in gioco la vita e la convivenza di tutti e tutte noi. Per questo non intendiamo delegare a sedi ristrette tecnopolitiche le scelte da fare. Tantissime donne si stanno misurando in queste settimane sulla pandemia e sulle sue conseguenze. Le donne sanno mettere a confronto le loro differenze, sanno costruire condivisione e consenso. Proprio questa nostra capacità e volontà vogliamo e dobbiamo condividere. Per questo riteniamo urgente costruire un confronto pubblico sulle proposte nostre e di altri soggetti, coinvolgendo i rappresentanti politico-istituzionali che si impegnano ad ascoltare e recepire, a condividerne l’attuazione. Senza rinunciare a praticare il conflitto.

Dobbiamo cambiare gli occhi e il cuore con cui guardare alla nostra vita, alla società e al mondo.
La cura del vivere è il punto di vista da cui partire per costruire una società nuova.

Le donne e le associazioni dell’Assemblea della Magnolia  

Maura Cossutta, Michela Cicculli, Simona Ammerata, Anita Sonego, Floriana Lipparini, Ada Donno, Nicoletta Dentico, Maria Luisa Boccia, Giulia Rodano, Livia Turco, Lea Melandri, Susanna Camusso, Lella Palladino, Maria Luisa Celani, Laura Onofri, Angela Ronga, Giorgia Serughetti, Dalila Novelli, Valeria Valente, Monica di Sisto, Anna Pizzo, Francesca Koch, Maria Fermanelli,  Laura Storti, Titta Vadalà, Oria Gargano, Marta Bonafoni, Carla Quaglino, Anna Vernarelli, Irene Giacobbe, Rosa Mendes, Silvana Galassi, Gabriella Anselmi, Giovanna Martelli, Laura Ferrari Ruffino, Giulia Minoli, Monica Cirinnà, Rosaria De Matteis, Bianca Maria Pomeranzi, Antonia Sani, Costanza Fanelli, Barbara Piccininni, Maria Paola Costantini, Gabriella Rossetti, Milena Boccadoro, Nadia Palozza Natolli, Susanna Stivali, Isabella Peretti, Mariagrazia Rossilli, Maria Palazzesi, Maddalena Fierro, Marina Del Vecchio, Anna Maria Carloni, Ippolita Alberti, Stefania Fintecilla, Luisa Menniti, Loretta Bondi, Laura Fortini, Maria Rosa Cutrufelli, Daniela Carlà, Maria Grazia Ruggerini, Paola Mastrangeli, Beatrice Pisa, Susanna Crostella, Benedetta Rinaldi Ferri, Roberta Agostini, Elisabetta Canitano, Maristella Urru, Paola Frezza, Monia Marturano, Luigia Giovannini, Luciana Marzilli, Caterina Giardinelli, Sara Lilli, Maria Fabbricatore, Alessandra Mecozzi, Rosa Amodei, Elisabetta Papini, Giulia Maderni, Stefania Vulterini, Nadia Pizzuti, Donatella Artese, Anna Maria Gallivanone, Rosaria Lettieri, Enrica Manna, Vittoria Longoni, Maria Pierri, Patrizia Salierno, Danila De Angelis, Patrizia Sterpetti, Maria Pia Ponticelli, Maria Rosaria Pulli, Maria Teresa Santilli, Margherita Strigelli, Giovanna Cuminatto, Rosaria De Matteis, Marina Cavallini, Alessandra di Michele Bragadin, Milena Fiore, Nadia Boaretto, Carla Bottazzi, Anna Moretti, Patrizia Cecconi, Erica Rodari.

Lucha y siesta, Casa delle Donne di Milano, Casa delle Donne di Torino, Centro Internazionale Alma Sabatini, Libera Università, UDI nazionale, Forum Disuguaglianze Diversità, No.di e ADBI, Forum per il Diritto alla Salute, BeFree, Cooperativa Eva, Assolei, Centro Alma Sabatini, Differenza Donna, Senonoraquando?Torino, Archivia scuole, Muovileidee Associazione Culturale, ALEF Associazione Leadership e Empowerment Femminile, Assolei Sportello Donna, ReteRosa, Vitadidonna, Società Italiana delle Storiche, Azucar Family Lab, Le Funambole, Cattive Ragazze, Associazione LeNove – studi e ricerche, Donne meridiane Napoli, Cora Roma, Associazione Emma Carelli, Coordinamento donne ANPI Roma, Rete Città delle donne Nazionale e Roma, Dalla Stessa Parte, Noi Rete Donne, WILPF Italia.

ADESIONI:

Sabrina Alfonsi, Presidente I Municipio Roma
Loredana Asproni, FLC Firenze
Anna Argirò
Associazione Cittadinanza e Minoranza
Associazione Donne Insieme di Arzano (Na)
Associazione Impegno Donna
l’Associazione nazionale Di.Re.
Associazione Pop VIII Municipio di Roma
Associazione Snoq, Udine
Tiziana Albasi, Conferenza donne democratiche Pd di Piacenza
Stefania Albis, senonoraquando? Torino
Aurelio in Comune
Cecilia Bartoli, Arakne
Andreina Baruffini
Esther Basile, Presidente Associazione Eleonora Pimentel di Napoli
Laura Belloni, Parabiago MI
Donata Rosa Bertoletti, Presidente di Auser Provinciale di Cremona
Elisabetta Bettini
Laura Boldrini
Simona Bonsignori
Rosanna Bonsignore, Associazione Culturale VIS ROBORIS, Napoli
Beatrice Bosi
Gaia Brunetti
Adriana Buffardi
Alfreda Bullentini
Laura Buttari
Fernanda Andrea Cabello, rappresentante del MediaLab #ComunidadCulturaSolidaria Roma
Liviana Calabrò
Vilma Cappello, Venezia
Rebecca Carboni
Vittoria Carone
Casa delle Donne di Pisa
Roberta Casagrande
Serena Castaldi
Centro Antiviolenza Telefono Donna di Foggia
Centro Pandora di Padova
Lucia Ciampi
Cristina Cobianchi
Eleonora Colnaghi, Pd Lodi
Coordinamento italiano di Francoforte e.V.
Roberta Corbellini
Il Cortile-Consultorio di Psicoanalisi Applicata
Zina Crocè
Pasquale Cuomo, Flc Cgil Toscana
Anna Curir, Associazione senonoraquando? Torino
Rosa D’Amelio
Antonella D’Angelo
Manuela Dazzi
Gabriella De Luca, Centro Donna Lucca
Norma De Piccoli, Presidente del CIRSDe – Centro interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere – Università di Torino
Sabrina Di Cioccio – Il Cortile
Valentina Di Felice
Antonietta Di Genova, avvocata Associazione Non sei sola Battipaglia contro la violenza sulle donne
Alessandra di Michele Bragadin, Presidente Associazione Emma Carelli
Guendalina Di Sabatino, Presidente centro di cultura delle donne “H. Arendt”, associazione federata AFFI
Donne in difesa della 194/78 – Civitavecchia
Stella Dongiovanni
Donne in Nero di Padova
DWF – DonnaWomanFemme
Europa Verde-Verdi di Roma
Giovani Europeisti Verdi
Patrizia Falovo
Valeria Fedeli
Elvira Federici, Presidente della Società delle Letterate
Sara Ferdinandi, Presidente dell’Associazione Donne in Movimento – Coordinamento Donne Resistenti Etruria Meridionale
Ada Ferri, Associazione Catena Rosa Torre Annunziata (Na)
Luisa Festa
Marina Fiamberti
Fondazione Nilde Iotti
Anna Maria Furlan
Caterina Galaverna, Consulta delle donne di Borgaro Torinese (TO)
Chiara Gallo  
Laura Garavini
Carla Gatti
Anita Giansantelli
Anna Maria Giarola
Elena Grandi, Co-portavoce della Federazione dei Verdi – Europa Verde
Stefania Graziani, Sociologa, Senonoraquando-Torino
Manuela Gualtieri, Aps Terni Donne
Francesca Romana Guarnieri, avvocata socia AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani
Indici Paritari
Maria Iannetti
Patty Labate
Enza Lombino
Simonetta Luciani
Elena Libè
Maria Antonietta Maccioci, Senonoraquando? Torino
Manuela Maieron
Renza Malchiodi
Pina Mandolfo
Lella Manzio, Presidente Telefono Rosa Piemonte di Torino
Leda Marino, psicologa e dottoranda
Anna Marro, medico geriatra
Ela Massari
Antonino Martino, Presidente nazionale dell’associazione Spazio Solidale
Rita Martin
Carolina Mazza
Antonio Mercuri, Flc Cgil di Lucca in qualità di Segretario generale Flc Cgil di Lucca
Movimento Dalla Stessa Parte
Delia Murer, Venezia
Adriana Nannicini
Paola Nava
Enrica Navone, Torino
Noi Donne
Nonunadimeno RomaTre
Non sei sola Battipaglia – contro la violenza alle donne
Clara Orso
Giovanna Palladini, Conferenza donne democratiche di Piacenza
Rosy Paparella
Il Paese delle Donne
Rosalba Perini
Ilaria Perrelli
Margherita Perretti, Presidente Commissione Regionale Pari Opportunità Basilicata
Giulia Piroli, consigliera comunale Pd Piacenza
Nicoletta Pirotta, IFE Italia
Monica Piva
Daniela Polenghi
Patricia Prieto
Giovannella Procida, Cooperativa sociale Genesis
Ambra Puntieri, Roma
Catarina Rao
Rete la Città delle Donne Nazionale e di Roma
RiscoprirSi Centro Antiviolenza di Andria (BT – Puglia)
Laura Rizzo
Silvia Roma
Susi Ronchi, giornalista Cagliari
Vita Russo
Silana Sechi
Senonoraquando? Venezia
Senonoraquando? Udine
Flavia Scifoni
Maria Pia Tamburlini
Serena Todesco
Franca Tombari
Enza Turco
Ornella Ubbiali
Uisp Piemonte, Comitato Regionale Uisp aps
Monica Vacca
Rita Valenzuela, Presidente dell’Associazione di donne artiste migrante in Italia, Il Tempo delle Donne
Carmela Veracchi
Maria Alida Vilardo, insegnante I.C. Largo Oriani
Anna Vita Stallone, vice-presidente dell’A.P.S. “Yalla”
Chiara Zanetti

Per aderire al Documento della Magnolia inviare una mail indicando il proprio nome e/o quello dell’associazione di appartenenza a questo indirizzo:

segreteria@casainternazionaledelledonne.org

(*immagine per gentile concessione di IACA Studio)

Documento Assemblea della Magnolia

Assemblea della Magnolia – Noi siamo la cura

sabato 10 Ottobre 2020

Casa Internazionale delle Donne

Documenti

Noi siamo la cura

Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite. Noi siamo la cura.

Il Covid ha svelato verità ed evidenze finora nascoste o rimosse, che sono invece le cause drammatiche delle conseguenze dell’epidemia. Un pianeta sempre più malato, un mondo sempre più ingiusto, vite sempre più faticose.

Per la prima volta milioni e milioni di donne e di uomini hanno contemporaneamente condiviso paure, angosce, dolore, isolamento, solitudine. E’ esplosa la fragilità dei corpi e delle nostre vite, l’interdipendenza delle relazioni, i bisogni della cura del vivere. Questa esperienza collettiva oggi non trova significato.

Continuano le inerzie delle vecchie idee, restano indiscussi i modelli che hanno dimostrato il fallimento, che hanno prodotto sempre più povertà, precarietà, ininfluenza degli investimenti e delle politiche pubbliche, ingordigia del mercato, che occupa i bisogni primari trasformandoli in prestazioni da consumare. Si ripetono stereotipi, che accettano la divisione sessuale del lavoro come ordine naturale, lasciando le donne senza libertà.  E ancora persiste l’arrogante illusione che la fase dell’emergenza passerà e si tornerà alla fine alla normalità.

Ma il Covid smentisce ogni continuismo, rimettendo al centro i bisogni della cura, dell’altro, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia, dichiarandoli definitivamente non compatibili con l’interesse di un’economia del profitto. Torna ineludibile il tema della cura intesa nel suo significato politico, come paradigma capace di orientare il cambiamento, per un’altra visione del mondo, della società, delle relazioni umane. Solo se la mutazione sarà radicale, il disvelamento culturale del valore della cura sul piano dei diritti e delle libertà sarà un moltiplicatore.

Per questo, proprio mentre in Europa si aprono scenari del tutto inediti e per la prima volta si rompe il tabù dell’austerità, la tirannia delle compatibilità finanziarie e dei pareggi di bilancio, mentre anche per il nostro paese si delinea l’occasione irripetibile di utilizzare le enormi risorse del Recovery Fund, noi diciamo: “Noi siamo la cura”.

Non siamo una categoria, non siamo un capitoletto delle politiche di inclusione nelle Linee Guida del Recovery Fund. Non possiamo neppure essere valorizzate solo nel capitolo della “crescita demografica”. O della violenza contro le donne.

Noi siamo la cura.

Siamo state protagoniste nel lockdown ma oggi siamo le più penalizzate dalla crisi, perdiamo il lavoro molto più degli uomini e persino non lo cerchiamo neppure più. Nonostante la retorica di quei mesi, siamo state accantonate, anzi rifunzionalizzate come compensazione strutturale alla mancanza dei servizi pubblici essenziali alla vita. La scuola, diritto dei bambini e delle bambine all’educazione e alla cittadinanza, è ancora pensata dai molti come strumento di conciliazione per il lavoro delle donne. E invece di investire sulle infrastrutture sociali, dove tra l’altro l’occupazione femminile è prevalente, ancora nel piano di ripresa del paese le priorità restano le altre infrastrutture, quelle delle autostrade e dell’alta velocità. Mentre l’obiettivo è la modernizzazione non fa scandalo che il nostro paese su 153 paesi valutati sia ancora al 76° posto per politiche di genere e al 125° per Pay Gender Gap.

Noi siamo la cura, perché siamo consapevoli che riproduzione sociale e produzione economica sono ambiti interconnessi e che vanno ribaltate le gerarchie di valori e priorità. Rimettere al centro la cura comporta riallineare gli obiettivi, i tempi, gli strumenti.

Significa chiedere innanzitutto la fine del sistema dei bonus e invece infrastrutture sociali, occupazione femminile, tutela dell’ambiente. Eliminare la precarietà del lavoro, rafforzare la rete dei servizi sanitari e sociali pubblici, ricostruire e trasformare il sostegno e l’assistenza per gli anziani, investire sulla scuola, accrescendo il numero degli insegnanti, delle classi, degli strumenti a disposizione dei ragazzi, avviare un grande progetto di manutenzione del nostro territorio e delle nostre città: in una parola, mettere al centro la vita e le persone.

Significa rileggere tutta la nostra società a partire dai bisogni e dalla libertà che le donne si sono conquistate e che hanno aumentato la libertà e il benessere di tutti.

Questo è il nostro recovery fund. Questo è per noi cominciare a prenderci cura.

Per questo le donne vogliono discutere del Next Generation EU. Vogliono che le risorse che oggi, finalmente, possono essere a disposizione delle donne e degli uomini che vivono in Europa vengano usate per combattere quelle fragilità e quelle ingiustizie. E di questo vogliamo chiedere conto alla politica. Ora, subito.

Le donne si stanno muovendo e se ci mettiamo insieme possiamo fare la differenza. Non vogliamo che quello che la pandemia ci ha rivelato e insegnato sulle ingiustizie della nostra vita, venga dimenticato, coperto dalla paura della crisi economica e dalla voce roboante dei potenti. Possiamo cambiare, segnare le scelte future che l’Italia deve compiere. Dobbiamo. Per questo ci dobbiamo essere e ci dobbiamo essere insieme. In tante, tantissime, oltre le nostre differenze.

Questo ci siamo dette nell’Assemblea della Magnolia, il 10 e 11 ottobre alla Casa internazionale delle donne di Roma, che ha visto la partecipazione di tantissime donne, pezzi del femminismo che da tempo non si incontravano, luoghi delle donne a livello nazionale, associazioni, donne delle istituzioni, dei partiti e del sindacato. Diverse ma insieme. E abbiamo condiviso non solo di promuovere una Rete femminista di donne, nazionale e anche transnazionale, ma anche di sviluppare connessioni e convergenze con donne insegnanti, migranti, operatrici dei servizi pubblici, ricercatrici, donne delle istituzioni e altre realtà di resistenza, che assumono il paradigma della cura per costruire pratiche di solidarietà e di costruzione di cittadinanza. L’obiettivo è una mobilitazione da far pesare ora, subito, con azioni concrete, simboliche, politiche, a partire dai territori ma anche attorno al luogo dove si decide e dove vogliamo esserci.

Cominciamo facendoci sentire! Organizziamo insieme, come primo appuntamento, una catena di donne attorno al Parlamento, insieme per dare forza alle nostre idee e alle nostre voci.

“Non c’è più tempo, noi siamo la cura!”

Assemblea della Magnolia – Noi siamo la cura

Lettera aperta alle donne

venerdì 26 Giugno 2020

Lettera

Oggi è l’ora della forza e dell’unità delle donne

 Milioni di donne, italiane e migranti, hanno sostenuto la nostra vita durante la pandemia e la quarantena. Milioni di donne hanno lavorato negli ospedali e nelle case per gli anziani, nei supermercati e nell’agricoltura, nei mercati e nei negozi. Milioni di donne hanno consentito la vita dei bambini e dei ragazzi, si sono inventate, da insegnanti, le lezioni a distanza e, da madri, le hanno rese possibili. Milioni di donne hanno lavorato da casa, caricandosi il peso del lavoro e quello della cura, nelle stesse stanze, nelle stesse ore. 

Milioni di donne stanno pagando il prezzo della crisi provocata dall’impatto della pandemia su una società già troppo segnata dalla disuguaglianza economica e sociale, dalla precarietà, dalla solitudine, dalle discriminazioni di genere. Milioni di donne stanno perdendo il lavoro, stanno diventando ancora più precarie. Milioni di donne vedono messa a rischio la propria attività autonoma, costruita in anni di fatica e sacrifici. Milioni di donne vedono ridursi ancora di più la disponibilità dei servizi pubblici essenziali alla vita loro e dei loro cari. Milioni di donne assistono al vero e proprio abbandono della scuola, che è un diritto dei bambini e delle bambine e non strumento di conciliazione per il lavoro delle donne. 

Queste donne oggi sembrano non esistere più. Dopo la retorica sulle eroine distrutte dalla fatica nei nostri ospedali pubblici falcidiati dai tagli, le donne sembrano essere state dimenticate. Le uniche cose che le riguardano di cui si discute in questa difficile estate sono la possibile riduzione dell’offerta di istruzione pubblica, la diminuzione degli orari dei servizi per l’infanzia, la ulteriore precarizzazione del lavoro, la generalizzazione senza limite dei contratti a termine, l’aumento del lavoro da casa, per ora senza regole e senza limiti. 

Si è detto che non si deve tornare alla normalità perché la normalità era il problema, ma per le donne non solo si rischia di tornare alla normalità, ma persino di tornare indietro. 

Non possiamo lasciare milioni di donne senza parola. Tante donne stanno reagendo. Denunciano, si mobilitano, costruiscono proposte e punti di vista, chiedono coerenza e pensieri lunghi rispetto alle evidenze che il covid19 ha illuminato come irrinunciabili e che erano state nel tempo rimosse: la centralità della sanità e della scuola pubblica, l’ambito ineludibile della riproduzione sociale, il ruolo insostituibile dello Stato per garantire diritti e anche sviluppo, l’importanza della difesa dell’ambiente contro la follia delle ricette neoliberiste, soprattutto la necessità di rimettere al centro di ogni idea di cambiamento la categoria del genere. 

Se ci mettiamo insieme possiamo fare la differenza. Possiamo far sì che quello che la pandemia ci ha rivelato e insegnato sulle ingiustizie della nostra vita, non venga dimenticato, coperto dalla paura della crisi economica e dalla voce roboante dei potenti. Possiamo cambiare, segnare le scelte future che l’Italia deve compiere. Dobbiamo. Per questo ci dobbiamo essere e ci dobbiamo essere insieme. In tante, tantissime, oltre le nostre differenze. Non si tratta certo di rimuoverle, perché sappiamo che il movimento delle donne è stato sempre plurale e così continua a essere. Ma le differenze non possono diventare approcci identitari escludenti, spazi spezzettati di consapevolezza e di pratiche, che rischiano di soffocare le attese di tante, di tutte le altre. 

Serve oggi ripartire dalla forza necessaria delle donne, serve costruire l’unità delle donne. Unità e non unanimismo, unità e differenze, unità e responsabilità, di ognuna e di tutte. 

La Casa Internazionale delle donne – proprio perché non è un movimento ma un luogo e perché questo luogo è percepito e anche riconosciuto come luogo simbolico del femminismo, proprio perché ha inscritto nella sua storia il valore delle lotte e delle conquiste delle donne e l’irrinunciabile pratica dell’ascolto e della relazione tra donne nella pluralità delle loro voci – si candida a proporre a ognuna e a tutte di incontrarci, di vederci, tutte insieme. Qui appunto, nel giardino della Casa, in presenza, per quante potremo esserci per i limiti imposti dalla prevenzione covid, ma anche via zoom per far partecipare chi non potrà esserci. Vi proponiamo di iniziare insieme un percorso, dal basso, di riflessione ma anche di mobilitazione, per cercare e trovare quello che ci unisce, perché oggi è l’ora di costruire la forza e l’unità delle donne. 

Tutte insieme, mercoledì 8 luglio alle ore 18.00, nel giardino della Magnolia 

Per le norme previste per il covid19, è necessario prenotare le presenze. Arrivate al numero max consentito, si potrà comunque partecipare su zoom attraverso il link che comunicheremo. 

26 giugno 2020 

L’Assemblea delle Donne della Casa Internazionale delle Donne 

Comunicati: Assemblea della Magnolia: Donne e next generation EU

LE DONNE DELL’ASSEMBLEA DELLA MAGNOLIA
Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite. Noi siamo la cura

sabato 6 Febbraio 2021

È nata a Roma sei mesi fa, sull’onda di una pandemia lacerante che molti sostenevano fosse superata ma che ha dato luogo a una seconda ondata forse ancora più letale, l’Assemblea della Magnolia. Fortemente voluta dalla Casa internazionale delle donne e sostenuta da tantissime associazioni, gruppi e individue, l’Assemblea è riuscita a produrre, grazie a […]

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