Lettera aperta alle donne

Oggi è l’ora della forza e dell’unità delle donne

 Milioni di donne, italiane e migranti, hanno sostenuto la nostra vita durante la pandemia e la quarantena. Milioni di donne hanno lavorato negli ospedali e nelle case per gli anziani, nei supermercati e nell’agricoltura, nei mercati e nei negozi. Milioni di donne hanno consentito la vita dei bambini e dei ragazzi, si sono inventate, da insegnanti, le lezioni a distanza e, da madri, le hanno rese possibili. Milioni di donne hanno lavorato da casa, caricandosi il peso del lavoro e quello della cura, nelle stesse stanze, nelle stesse ore. 

Milioni di donne stanno pagando il prezzo della crisi provocata dall’impatto della pandemia su una società già troppo segnata dalla disuguaglianza economica e sociale, dalla precarietà, dalla solitudine, dalle discriminazioni di genere. Milioni di donne stanno perdendo il lavoro, stanno diventando ancora più precarie. Milioni di donne vedono messa a rischio la propria attività autonoma, costruita in anni di fatica e sacrifici. Milioni di donne vedono ridursi ancora di più la disponibilità dei servizi pubblici essenziali alla vita loro e dei loro cari. Milioni di donne assistono al vero e proprio abbandono della scuola, che è un diritto dei bambini e delle bambine e non strumento di conciliazione per il lavoro delle donne. 

Queste donne oggi sembrano non esistere più. Dopo la retorica sulle eroine distrutte dalla fatica nei nostri ospedali pubblici falcidiati dai tagli, le donne sembrano essere state dimenticate. Le uniche cose che le riguardano di cui si discute in questa difficile estate sono la possibile riduzione dell’offerta di istruzione pubblica, la diminuzione degli orari dei servizi per l’infanzia, la ulteriore precarizzazione del lavoro, la generalizzazione senza limite dei contratti a termine, l’aumento del lavoro da casa, per ora senza regole e senza limiti. 

Si è detto che non si deve tornare alla normalità perché la normalità era il problema, ma per le donne non solo si rischia di tornare alla normalità, ma persino di tornare indietro. 

Non possiamo lasciare milioni di donne senza parola. Tante donne stanno reagendo. Denunciano, si mobilitano, costruiscono proposte e punti di vista, chiedono coerenza e pensieri lunghi rispetto alle evidenze che il covid19 ha illuminato come irrinunciabili e che erano state nel tempo rimosse: la centralità della sanità e della scuola pubblica, l’ambito ineludibile della riproduzione sociale, il ruolo insostituibile dello Stato per garantire diritti e anche sviluppo, l’importanza della difesa dell’ambiente contro la follia delle ricette neoliberiste, soprattutto la necessità di rimettere al centro di ogni idea di cambiamento la categoria del genere. 

Se ci mettiamo insieme possiamo fare la differenza. Possiamo far sì che quello che la pandemia ci ha rivelato e insegnato sulle ingiustizie della nostra vita, non venga dimenticato, coperto dalla paura della crisi economica e dalla voce roboante dei potenti. Possiamo cambiare, segnare le scelte future che l’Italia deve compiere. Dobbiamo. Per questo ci dobbiamo essere e ci dobbiamo essere insieme. In tante, tantissime, oltre le nostre differenze. Non si tratta certo di rimuoverle, perché sappiamo che il movimento delle donne è stato sempre plurale e così continua a essere. Ma le differenze non possono diventare approcci identitari escludenti, spazi spezzettati di consapevolezza e di pratiche, che rischiano di soffocare le attese di tante, di tutte le altre. 

Serve oggi ripartire dalla forza necessaria delle donne, serve costruire l’unità delle donne. Unità e non unanimismo, unità e differenze, unità e responsabilità, di ognuna e di tutte. 

La Casa Internazionale delle donne – proprio perché non è un movimento ma un luogo e perché questo luogo è percepito e anche riconosciuto come luogo simbolico del femminismo, proprio perché ha inscritto nella sua storia il valore delle lotte e delle conquiste delle donne e l’irrinunciabile pratica dell’ascolto e della relazione tra donne nella pluralità delle loro voci – si candida a proporre a ognuna e a tutte di incontrarci, di vederci, tutte insieme. Qui appunto, nel giardino della Casa, in presenza, per quante potremo esserci per i limiti imposti dalla prevenzione covid, ma anche via zoom per far partecipare chi non potrà esserci. Vi proponiamo di iniziare insieme un percorso, dal basso, di riflessione ma anche di mobilitazione, per cercare e trovare quello che ci unisce, perché oggi è l’ora di costruire la forza e l’unità delle donne. 

Tutte insieme, mercoledì 8 luglio alle ore 18.00, nel giardino della Magnolia 

Per le norme previste per il covid19, è necessario prenotare le presenze. Arrivate al numero max consentito, si potrà comunque partecipare su zoom attraverso il link che comunicheremo. 

26 giugno 2020 

L’Assemblea delle Donne della Casa Internazionale delle Donne 

Lettera aperta della Presidente di Navdanya International Vandana Shiva alla Sindaca Virginia Raggi

Gentile Sindaca Virginia Raggi,

In occasione del mio intervento per l’inaugurazione di Feminism, la Fiera dell’editoria delle donne in Italia, presso la Casa Internazionale delle Donne, sono stata messa a conoscenza del fatto che questo luogo sta per chiudere e che la concessione dello stabile di Trastevere è stata revocata dal Comune di Roma.

Nel corso di poche centinaia di anni il dominio del capitalismo patriarcale e l’attuale paradigma agricolo e industriale di tipo estrattivo basato sullo sfruttamento a senso unico delle risorse e delle ricchezze dalla natura, hanno portato il nostro pianeta sull’orlo del collasso.

Il recente rapporto sul clima del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ci ha avvisato che tra soli dodici anni potremmo aver già raggiunto la crescita della temperatura che l’Accordo di Parigi aveva ipotizzato per il 2100 e che è necessario agire ora, o ci troveremo ad affrontare una vera e propria catastrofe climatica. La nostra sicurezza alimentare e la nostra sopravvivenza si basano sulla conservazione della biodiversità, che è minacciata da quella che gli scienziati definiscono “la sesta estinzione di massa”.

L’ascesa dell’1%, vale a dire una minoranza di uomini estremamente facoltosi ed avidi, in procinto di controllare fino a due terzi della ricchezza mondiale entro il 2030, è caratterizzata da un attacco nei confronti di tutte quelle culture e conoscenze basate sulla condivisione e sul prendersi cura, incluse le economie circolari e solidali basate sulla conservazione delle risorse.

Nella storia le donne sono state relegate a fare il lavoro che era considerato irrilevante. Andare in guerra e uccidere era considerato importante. Fare profitti a spese degli altri era considerato importante. In realtà, le donne sono state lasciate a fare le cose reali: fornire l’acqua, fornire il cibo, e prendersi cura della famiglia. I valori di cui abbiamo bisogno sono i valori legati alla conoscenza di come vivere con la natura. Abbiamo bisogno di conoscenza su come prendersi cura. Abbiamo bisogno di conoscenza su come si condivide. Questo è il sapere delle donne, le capacità di cui avremo sempre più bisogno in futuro. O sarà permesso alle donne di mostrare la via o non avremo nessun futuro.

Per questo chiedo alla Sindaca Raggi non solo di proteggere, ma di amplificare il ruolo della Casa Internazionale delle Donne. Che diventi un laboratorio per le economie, le conoscenze e le comunità del futuro, dove i giovani, specialmente le giovani donne, possano trovare gli strumenti per costruire economie locali vibranti di vita. L’orto di questa Casa diventi il luogo dove possa rivolgersi chiunque voglia imparare a coltivare il proprio cibo, locale, fresco, biologico e libero da veleni. Questo luogo dovrebbe diventare l’Università del Futuro e non dovrebbe essere chiuso. Specialmente in occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, questo è l’impegno che auspico la Sindaca prenderà per il futuro di Roma e del nostro pianeta.

Un caro saluto
Vandana Shiva
Presidente di Navdanya International