Casa delle Donne, Deputate Pd: “Raggi ripristini convenzione, non annullare storia di grande valore”

La sindaca Virginia Raggi ripristini la convenzione con il comodato gratuito con la Casa Internazionale delle Donne, la cui storica attività rappresenta un valore insostituibile per la città. La Casa delle Donne anche in questi mesi difficili e con un grande sforzo ha mantenuto una serie di servizi fondamentali; la sua azione deve proseguire e non può essere assolutamente cancellata da scelte inaccettabili. Il Parlamento è intervenuto ad ottobre 2020 per permettere di risolvere il contenzioso con il consorzio che gestisce la Casa internazionale, non certo non per cacciare le donne che oggi gestiscono il Buon Pastore. Con la legge di Bilancio poi le Camere hanno confermato questo orientamento per prevedere il comodato d’uso gratuito per il patrimonio pubblico gestito dalle associazioni delle donne, indicando chiaramente la strada da seguire. La Casa deve riavere la sua convenzione è la deve riavere con il comodato d’uso gratuito”.

Lo dichiarano le deputate democratiche Anna Ascani, Eva Avossa, Marina Berlinghieri, Laura Boldrini, Francesca Bonomo, Chiara Braga, Enza Bruno Bossio, Michela Campana, Laura Cantini, Carla Cantone, Elena Carnevali, Susanna Cenni, Lucia Ciampi, Paola De MIcheli, Rosa Di Giorgi, Chiara Gribaudo, Antonella Incerti, Francesca La Marca, Beatrice Lorenzin, Marianna Madia, Alessia Morani, Romina Mura, Martina Nardi, Stefania Pezzopane, Flavia Piccoli Nardelli, Giuditta Pini, Barbara Pollastrini, Patrizia Prestipino, Lia Quartapelle, Alessia Rotta, Angela Schirò e Debora Serracchiani.

Documento Assemblea della Magnolia

Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite.

Noi siamo la cura.

Siamo le donne dell’Assemblea della Magnolia che si incontrano dal mese di luglio su iniziativa della Casa Internazionale delle Donne di Roma. Una pluralità di donne, tantissime e diverse, con le loro competenze e soggettività, da sempre impegnate per la libertà e l’autonomia delle donne e a praticare “la cura del vivere”, nelle esperienze personali e sociali, e nella politica.

È in ragione di questa forza che vogliamo prendere parola e contribuire alle scelte da fare oggi, per affrontare l’epidemia Covid-19, non come una “guerra da vincere” e per tornare alla “normalità”, ma come occasione per cambiare in radice noi, donne e uomini, ed il mondo in cui viviamo.  Costruendo qui e ora un futuro a misura delle necessità e all’altezza dei nostri desideri.

Con la pandemia il pianeta ha fatto sentire la sua voce.

Per la prima volta milioni e milioni di donne e di uomini hanno contemporaneamente condiviso paure, angosce, dolore, isolamento, solitudine. È esplosa la fragilità dei corpi e delle nostre vite, l’interdipendenza delle relazioni, i bisogni della cura del vivere. Ma questa esperienza collettiva oggi non trova significato.  

Continuano le inerzie delle vecchie idee, restano indiscussi i modelli che hanno dimostrato il fallimento, si ripetono stereotipi che accettano la divisione sessuale del lavoro come ordine naturale, lasciando le donne senza libertà.  Il Covid smentisce invece ogni continuismo, rimettendo al centro i bisogni della cura, dell’altro/a, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia, dichiarandoli definitivamente non compatibili con l’interesse di un’economia del profitto.

Il Covid si è manifestato infatti innanzitutto come crisi della cura, prima ancora che crisi sociale ed economica, persino sanitaria. La pandemia ci ha dimostrato quanto siano fondamentali quei grandi beni comuni come la scuola, la salute, la tutela dell’ambiente, la dignità del lavoro, i servizi sociali. Ha mostrato l’incapacità e la fragilità dei sistemi pubblici impoveriti dai tagli, drammaticamente insufficienti anche in tempi normali.

Come sarebbe stato diverso vivere questa pandemia se ci fosse stata una medicina di comunità, ospedali sicuri, personale sanitario e sociale presente in numero adeguato ed in modo costante, servizi per l’infanzia, scuole accoglienti e sicure, servizi di sostegno alle persone fragili.

Se la capacità di cura del paese fosse stata più forte, meno drammatico sarebbe stato l’impatto sui nostri ospedali, sui servizi di assistenza agli anziani, sui trasporti, sulla scuola e infine sulla nostra economia.

Se la violenza contro le donne fosse stata veramente considerata come un fenomeno strutturale e come una reale drammatica emergenza, aggravata e allo stesso tempo oscurata dalla pandemia, non sarebbe stato così alto il prezzo pagato dalle donne.Se avessimo avuto una rete adeguata di trasporti, servizi sociali forti e presenti, scuole ben tenute e classi non affollate, le conseguenze della pandemia sarebbero state più affrontabili e sostenibili.

Se il sistema dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori fosse stato più forte e più equo, oggi avremmo meno poveri, meno persone senza lavoro e senza prospettiva.

Se avessimo avuto politiche di apertura e inclusione verso tutti e tutte, nativi e migranti, se non avessimo pensato che la sicurezza fosse alzare muri e chiudere frontiere, se avessimo lavorato per costruire una società pienamente multiculturale e decoloniale, oggi vivremmo tutte e tutti in una condizione più ricca, civile ed umana.

Se non avessimo avuto un sistema di produzione agricola al servizio delle multinazionali, oggi potremmo controllare vecchi e nuovi spillover, costruire prospettive nuove di lavoro compatibile, difendere il territorio dall’abbandono.

Se non avessimo investito così tante risorse nella produzione e nella vendita di armi, se non avessimo scelto modelli di sicurezza militaristi a scapito della vera sicurezza umana, non avremmo sistemi sociali e di relazioni così indeboliti e fragili.

Le parole, cura come vulnerabilità e dipendenza ricorrono certo nel discorso pubblico sulla pandemia, ma spesso in modo riduttivo, o retorico. Come se riguardassero solo le terapie, sanitarie e sociali, della malattia del virus. E potessero essere messe da parte, quando la salute tornerà ad essere la condizione normale di vita. Magari investendo più risorse ed energie, per garantirla, senza spingersi oltre un moderato riassetto dell’organizzazione esistente. Senza cambiare le priorità, senza affrontare le cause di fondo sia della malattia che ha contagiato il mondo, sia delle altre malattie, altrettanto contagiose e profonde, che sono divenute manifeste con il diffondersi del virus, e con le difficoltà e incapacità, sempre più evidenti e pericolose, a contrastarne la diffusione e gli effetti. 

Se è vero che il virus è il prodotto, non unico, non isolato, dell’Antropocene, ovvero del modo in cui gli uomini – sì il sesso maschile – hanno dominato sul pianeta, devastandolo, ed hanno fatto del potere e del dominio il principio cardine delle vicende della propria specie, è altresì vero che da sempre le donne hanno condiviso l’esperienza della cura della vita.

Un’esperienza in cui si sono intrecciati al destino naturale e al ruolo obbligato saperi e competenze. Abbiamo appreso, noi donne, ad avvalerci di questo patrimonio, rompendo la gabbia di un’identità femminile che tutte ci accomunerebbe, in ragione di una stessa condizione. La cura è il guadagno più prezioso che abbiamo tratto dal nostro lavoro politico. Ed è la ricchezza che vogliamo investire per un futuro diverso per le donne, per l’umanità tutta e per il pianeta.

Per questo affermiamo che le donne sono le protagoniste necessarie e centrali della politica. A partire dal Piano di ripresa e resilienza. E’ positivo che nel Piano non vi sia un capitolo specifico di politiche per le donne. Ma non basta la trasversalità; è lo stesso concetto di “politiche di genere” che ci sta stretto. Tutte le politiche devono essere “di genere”, pensate, costruite e finanziate sapendo che nel mondo e nella società esistono donne e uomini e tante sono le differenze. Tutte le politiche, tutte le scelte vanno monitorate, valutate per il loro impatto sulle differenze, prima, durante e dopo la loro attuazione.  

Non vi è dubbio che le donne abbiano pagato il prezzo più alto alla pandemia, e che le disuguaglianze tra i sessi devono essere una priorità del Piano. Ma non siamo più il “secondo sesso bisognoso di tutele”; non siamo solo discriminate, o peggio eternamente a rischio di essere respinte indietro. 

Se il lavoro di cura femminile è penalizzato, sia quello gratuito e invisibile che ognuna di noi svolge, sia quello sociale, sfruttato, malpagato, deprivato di diritti, soprattutto se svolto da migranti; se il sistema economico, privato e pubblico mira ad appropriarsi della cura, negando qualità e riconoscimento a chi la pratica, noi non vogliamo ridurre la cura a una questione di migliore redistribuzione di compiti tra uomini e donne, né tra servizi sociali e famiglie.

La cura che mettiamo al centro della politica è qualità dei corpi e delle menti, delle differenti soggettività, del legame sociale e della interdipendenza. E’ cura dell’ambiente, dei territori urbani, dei beni comuni. E’ cura del linguaggio, della ricchezza del multiculturalismo, dei saperi, dell’educazione ed istruzione, dalla prima infanzia alla vecchiaia. E’ cura del lavoro, della sua dignità e della sua qualità. Nessuno sviluppo, nessuna crescita può essere costruita svalorizzando e deprezzando il lavoro.

Non possiamo più sopportare spese per gli armamenti o grandi opere inutili e devastanti.

Dobbiamo affrontare le nostre vere fragilità, altrimenti i provvedimenti di sostegno e aiuto che verranno presi rischiano di provocare effetti paradossali o di non riuscire ad essere efficaci.

Senza affrontare la questione dei contratti precari, la decontribuzione per i nuovi assunti rischia di incentivare il licenziamento di lavoratrici e lavoratori stabili, per assumere lavoratrici e lavoratori precari, che non godono più delle tutele precedenti al job act e che costano meno.

Senza affrontare la questione delle assunzione nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici, le misure di rafforzamento e di investimento nei servizi, possono tradursi in una ulteriore privatizzazione e esternalizzazione di funzioni pubbliche, con la conseguenza di un ulteriore impoverimento della PA, di una crescente precarietà dei lavoratori e delle lavoratrici dei servizi, di una mancanza di unitarietà, trasparenza e efficacia nell’azione dell’amministrazione, di una crescente incapacità di gestire le funzioni di prevenzione, di salute pubblica, di programmazione e di controllo.

Rilanciare la capacità di intervento pubblico a garanzia dei diritti fondamentali deve essere la priorità delle priorità. Quello che fino ad oggi è stato considerato residuale ed a cui sono state dedicate briciole di risorse da parte delle politiche economiche e sociali che si sono succedute, devono essere invece centrali nell’agenda politica e considerate motore dello sviluppo economico e sociale. Le risorse vanno accompagnate da profondi mutamenti nelle politiche, che superino le politiche di austerità non solo nella possibilità di indebitamento nell’emergenza, ma come ricostituzione di un sistema di tutele, diritti delle cittadine e dei cittadini e capacità di intervento e iniziativa delle istituzioni pubbliche.

Il cambio di paradigma deve essere radicale, da subito. E’ in gioco la vita e la convivenza di tutti e tutte noi. Per questo non intendiamo delegare a sedi ristrette tecnopolitiche le scelte da fare. Tantissime donne si stanno misurando in queste settimane sulla pandemia e sulle sue conseguenze. Le donne sanno mettere a confronto le loro differenze, sanno costruire condivisione e consenso. Proprio questa nostra capacità e volontà vogliamo e dobbiamo condividere. Per questo riteniamo urgente costruire un confronto pubblico sulle proposte nostre e di altri soggetti, coinvolgendo i rappresentanti politico-istituzionali che si impegnano ad ascoltare e recepire, a condividerne l’attuazione. Senza rinunciare a praticare il conflitto.

Dobbiamo cambiare gli occhi e il cuore con cui guardare alla nostra vita, alla società e al mondo.
La cura del vivere è il punto di vista da cui partire per costruire una società nuova.

Le donne e le associazioni dell’Assemblea della Magnolia  

Maura Cossutta, Michela Cicculli, Simona Ammerata, Anita Sonego, Floriana Lipparini, Ada Donno, Nicoletta Dentico, Maria Luisa Boccia, Giulia Rodano, Livia Turco, Lea Melandri, Susanna Camusso, Lella Palladino, Maria Luisa Celani, Laura Onofri, Angela Ronga, Giorgia Serughetti, Dalila Novelli, Valeria Valente, Monica di Sisto, Anna Pizzo, Francesca Koch, Maria Fermanelli,  Laura Storti, Titta Vadalà, Oria Gargano, Marta Bonafoni, Carla Quaglino, Anna Vernarelli, Irene Giacobbe, Rosa Mendes, Silvana Galassi, Gabriella Anselmi, Giovanna Martelli, Laura Ferrari Ruffino, Giulia Minoli, Monica Cirinnà, Rosaria De Matteis, Bianca Maria Pomeranzi, Antonia Sani, Costanza Fanelli, Barbara Piccininni, Maria Paola Costantini, Gabriella Rossetti, Milena Boccadoro, Nadia Palozza Natolli, Susanna Stivali, Isabella Peretti, Mariagrazia Rossilli, Maria Palazzesi, Maddalena Fierro, Marina Del Vecchio, Anna Maria Carloni, Ippolita Alberti, Stefania Fintecilla, Luisa Menniti, Loretta Bondi, Laura Fortini, Maria Rosa Cutrufelli, Daniela Carlà, Maria Grazia Ruggerini, Paola Mastrangeli, Beatrice Pisa, Susanna Crostella, Benedetta Rinaldi Ferri, Roberta Agostini, Elisabetta Canitano, Maristella Urru, Paola Frezza, Monia Marturano, Luigia Giovannini, Luciana Marzilli, Caterina Giardinelli, Sara Lilli, Maria Fabbricatore, Alessandra Mecozzi, Rosa Amodei, Elisabetta Papini, Giulia Maderni, Stefania Vulterini, Nadia Pizzuti, Donatella Artese, Anna Maria Gallivanone, Rosaria Lettieri, Enrica Manna, Vittoria Longoni, Maria Pierri, Patrizia Salierno, Danila De Angelis, Patrizia Sterpetti, Maria Pia Ponticelli, Maria Rosaria Pulli, Maria Teresa Santilli, Margherita Strigelli, Giovanna Cuminatto, Rosaria De Matteis, Marina Cavallini, Alessandra di Michele Bragadin, Milena Fiore, Nadia Boaretto, Carla Bottazzi, Anna Moretti, Patrizia Cecconi, Erica Rodari.

Lucha y siesta, Casa delle Donne di Milano, Casa delle Donne di Torino, Centro Internazionale Alma Sabatini, Libera Università, UDI nazionale, Forum Disuguaglianze Diversità, No.di e ADBI, Forum per il Diritto alla Salute, BeFree, Cooperativa Eva, Assolei, Centro Alma Sabatini, Differenza Donna, Senonoraquando?Torino, Archivia scuole, Muovileidee Associazione Culturale, ALEF Associazione Leadership e Empowerment Femminile, Assolei Sportello Donna, ReteRosa, Vitadidonna, Società Italiana delle Storiche, Azucar Family Lab, Le Funambole, Cattive Ragazze, Associazione LeNove – studi e ricerche, Donne meridiane Napoli, Cora Roma, Associazione Emma Carelli, Coordinamento donne ANPI Roma, Rete Città delle donne Nazionale e Roma, Dalla Stessa Parte, Noi Rete Donne, WILPF Italia.

ADESIONI:

Sabrina Alfonsi, Presidente I Municipio Roma
Loredana Asproni, FLC Firenze
Anna Argirò
Associazione Cittadinanza e Minoranza
Associazione Donne Insieme di Arzano (Na)
Associazione Impegno Donna
l’Associazione nazionale Di.Re.
Associazione Pop VIII Municipio di Roma
Associazione Snoq, Udine
Tiziana Albasi, Conferenza donne democratiche Pd di Piacenza
Stefania Albis, senonoraquando? Torino
Aurelio in Comune
Cecilia Bartoli, Arakne
Andreina Baruffini
Esther Basile, Presidente Associazione Eleonora Pimentel di Napoli
Laura Belloni, Parabiago MI
Donata Rosa Bertoletti, Presidente di Auser Provinciale di Cremona
Elisabetta Bettini
Laura Boldrini
Simona Bonsignori
Rosanna Bonsignore, Associazione Culturale VIS ROBORIS, Napoli
Beatrice Bosi
Gaia Brunetti
Adriana Buffardi
Alfreda Bullentini
Laura Buttari
Fernanda Andrea Cabello, rappresentante del MediaLab #ComunidadCulturaSolidaria Roma
Liviana Calabrò
Vilma Cappello, Venezia
Rebecca Carboni
Vittoria Carone
Casa delle Donne di Pisa
Roberta Casagrande
Serena Castaldi
Centro Antiviolenza Telefono Donna di Foggia
Centro Pandora di Padova
Lucia Ciampi
Cristina Cobianchi
Eleonora Colnaghi, Pd Lodi
Coordinamento italiano di Francoforte e.V.
Roberta Corbellini
Il Cortile-Consultorio di Psicoanalisi Applicata
Zina Crocè
Pasquale Cuomo, Flc Cgil Toscana
Anna Curir, Associazione senonoraquando? Torino
Rosa D’Amelio
Antonella D’Angelo
Manuela Dazzi
Gabriella De Luca, Centro Donna Lucca
Norma De Piccoli, Presidente del CIRSDe – Centro interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere – Università di Torino
Sabrina Di Cioccio – Il Cortile
Valentina Di Felice
Antonietta Di Genova, avvocata Associazione Non sei sola Battipaglia contro la violenza sulle donne
Alessandra di Michele Bragadin, Presidente Associazione Emma Carelli
Guendalina Di Sabatino, Presidente centro di cultura delle donne “H. Arendt”, associazione federata AFFI
Donne in difesa della 194/78 – Civitavecchia
Stella Dongiovanni
Donne in Nero di Padova
DWF – DonnaWomanFemme
Europa Verde-Verdi di Roma
Giovani Europeisti Verdi
Patrizia Falovo
Valeria Fedeli
Elvira Federici, Presidente della Società delle Letterate
Sara Ferdinandi, Presidente dell’Associazione Donne in Movimento – Coordinamento Donne Resistenti Etruria Meridionale
Ada Ferri, Associazione Catena Rosa Torre Annunziata (Na)
Luisa Festa
Marina Fiamberti
Fondazione Nilde Iotti
Anna Maria Furlan
Caterina Galaverna, Consulta delle donne di Borgaro Torinese (TO)
Chiara Gallo  
Laura Garavini
Carla Gatti
Anita Giansantelli
Anna Maria Giarola
Elena Grandi, Co-portavoce della Federazione dei Verdi – Europa Verde
Stefania Graziani, Sociologa, Senonoraquando-Torino
Manuela Gualtieri, Aps Terni Donne
Francesca Romana Guarnieri, avvocata socia AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani
Indici Paritari
Maria Iannetti
Patty Labate
Enza Lombino
Simonetta Luciani
Elena Libè
Maria Antonietta Maccioci, Senonoraquando? Torino
Manuela Maieron
Renza Malchiodi
Pina Mandolfo
Lella Manzio, Presidente Telefono Rosa Piemonte di Torino
Leda Marino, psicologa e dottoranda
Anna Marro, medico geriatra
Ela Massari
Antonino Martino, Presidente nazionale dell’associazione Spazio Solidale
Rita Martin
Carolina Mazza
Antonio Mercuri, Flc Cgil di Lucca in qualità di Segretario generale Flc Cgil di Lucca
Movimento Dalla Stessa Parte
Delia Murer, Venezia
Adriana Nannicini
Paola Nava
Enrica Navone, Torino
Noi Donne
Nonunadimeno RomaTre
Non sei sola Battipaglia – contro la violenza alle donne
Clara Orso
Giovanna Palladini, Conferenza donne democratiche di Piacenza
Rosy Paparella
Il Paese delle Donne
Rosalba Perini
Ilaria Perrelli
Margherita Perretti, Presidente Commissione Regionale Pari Opportunità Basilicata
Giulia Piroli, consigliera comunale Pd Piacenza
Nicoletta Pirotta, IFE Italia
Monica Piva
Daniela Polenghi
Patricia Prieto
Giovannella Procida, Cooperativa sociale Genesis
Ambra Puntieri, Roma
Catarina Rao
Rete la Città delle Donne Nazionale e di Roma
RiscoprirSi Centro Antiviolenza di Andria (BT – Puglia)
Laura Rizzo
Silvia Roma
Susi Ronchi, giornalista Cagliari
Vita Russo
Silana Sechi
Senonoraquando? Venezia
Senonoraquando? Udine
Flavia Scifoni
Maria Pia Tamburlini
Serena Todesco
Franca Tombari
Enza Turco
Ornella Ubbiali
Uisp Piemonte, Comitato Regionale Uisp aps
Monica Vacca
Rita Valenzuela, Presidente dell’Associazione di donne artiste migrante in Italia, Il Tempo delle Donne
Carmela Veracchi
Maria Alida Vilardo, insegnante I.C. Largo Oriani
Anna Vita Stallone, vice-presidente dell’A.P.S. “Yalla”
Chiara Zanetti

Per aderire al Documento della Magnolia inviare una mail indicando il proprio nome e/o quello dell’associazione di appartenenza a questo indirizzo:

segreteria@casainternazionaledelledonne.org

(*immagine per gentile concessione di IACA Studio)

Assemblea della Magnolia – Noi siamo la cura

Noi siamo la cura

Non c’è più tempo. Per il pianeta, per il nostro mondo, per le nostre vite. Noi siamo la cura.

Il Covid ha svelato verità ed evidenze finora nascoste o rimosse, che sono invece le cause drammatiche delle conseguenze dell’epidemia. Un pianeta sempre più malato, un mondo sempre più ingiusto, vite sempre più faticose.

Per la prima volta milioni e milioni di donne e di uomini hanno contemporaneamente condiviso paure, angosce, dolore, isolamento, solitudine. E’ esplosa la fragilità dei corpi e delle nostre vite, l’interdipendenza delle relazioni, i bisogni della cura del vivere. Questa esperienza collettiva oggi non trova significato.

Continuano le inerzie delle vecchie idee, restano indiscussi i modelli che hanno dimostrato il fallimento, che hanno prodotto sempre più povertà, precarietà, ininfluenza degli investimenti e delle politiche pubbliche, ingordigia del mercato, che occupa i bisogni primari trasformandoli in prestazioni da consumare. Si ripetono stereotipi, che accettano la divisione sessuale del lavoro come ordine naturale, lasciando le donne senza libertà.  E ancora persiste l’arrogante illusione che la fase dell’emergenza passerà e si tornerà alla fine alla normalità.

Ma il Covid smentisce ogni continuismo, rimettendo al centro i bisogni della cura, dell’altro, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia, dichiarandoli definitivamente non compatibili con l’interesse di un’economia del profitto. Torna ineludibile il tema della cura intesa nel suo significato politico, come paradigma capace di orientare il cambiamento, per un’altra visione del mondo, della società, delle relazioni umane. Solo se la mutazione sarà radicale, il disvelamento culturale del valore della cura sul piano dei diritti e delle libertà sarà un moltiplicatore.

Per questo, proprio mentre in Europa si aprono scenari del tutto inediti e per la prima volta si rompe il tabù dell’austerità, la tirannia delle compatibilità finanziarie e dei pareggi di bilancio, mentre anche per il nostro paese si delinea l’occasione irripetibile di utilizzare le enormi risorse del Recovery Fund, noi diciamo: “Noi siamo la cura”.

Non siamo una categoria, non siamo un capitoletto delle politiche di inclusione nelle Linee Guida del Recovery Fund. Non possiamo neppure essere valorizzate solo nel capitolo della “crescita demografica”. O della violenza contro le donne.

Noi siamo la cura.

Siamo state protagoniste nel lockdown ma oggi siamo le più penalizzate dalla crisi, perdiamo il lavoro molto più degli uomini e persino non lo cerchiamo neppure più. Nonostante la retorica di quei mesi, siamo state accantonate, anzi rifunzionalizzate come compensazione strutturale alla mancanza dei servizi pubblici essenziali alla vita. La scuola, diritto dei bambini e delle bambine all’educazione e alla cittadinanza, è ancora pensata dai molti come strumento di conciliazione per il lavoro delle donne. E invece di investire sulle infrastrutture sociali, dove tra l’altro l’occupazione femminile è prevalente, ancora nel piano di ripresa del paese le priorità restano le altre infrastrutture, quelle delle autostrade e dell’alta velocità. Mentre l’obiettivo è la modernizzazione non fa scandalo che il nostro paese su 153 paesi valutati sia ancora al 76° posto per politiche di genere e al 125° per Pay Gender Gap.

Noi siamo la cura, perché siamo consapevoli che riproduzione sociale e produzione economica sono ambiti interconnessi e che vanno ribaltate le gerarchie di valori e priorità. Rimettere al centro la cura comporta riallineare gli obiettivi, i tempi, gli strumenti.

Significa chiedere innanzitutto la fine del sistema dei bonus e invece infrastrutture sociali, occupazione femminile, tutela dell’ambiente. Eliminare la precarietà del lavoro, rafforzare la rete dei servizi sanitari e sociali pubblici, ricostruire e trasformare il sostegno e l’assistenza per gli anziani, investire sulla scuola, accrescendo il numero degli insegnanti, delle classi, degli strumenti a disposizione dei ragazzi, avviare un grande progetto di manutenzione del nostro territorio e delle nostre città: in una parola, mettere al centro la vita e le persone.

Significa rileggere tutta la nostra società a partire dai bisogni e dalla libertà che le donne si sono conquistate e che hanno aumentato la libertà e il benessere di tutti.

Questo è il nostro recovery fund. Questo è per noi cominciare a prenderci cura.

Per questo le donne vogliono discutere del Next Generation EU. Vogliono che le risorse che oggi, finalmente, possono essere a disposizione delle donne e degli uomini che vivono in Europa vengano usate per combattere quelle fragilità e quelle ingiustizie. E di questo vogliamo chiedere conto alla politica. Ora, subito.

Le donne si stanno muovendo e se ci mettiamo insieme possiamo fare la differenza. Non vogliamo che quello che la pandemia ci ha rivelato e insegnato sulle ingiustizie della nostra vita, venga dimenticato, coperto dalla paura della crisi economica e dalla voce roboante dei potenti. Possiamo cambiare, segnare le scelte future che l’Italia deve compiere. Dobbiamo. Per questo ci dobbiamo essere e ci dobbiamo essere insieme. In tante, tantissime, oltre le nostre differenze.

Questo ci siamo dette nell’Assemblea della Magnolia, il 10 e 11 ottobre alla Casa internazionale delle donne di Roma, che ha visto la partecipazione di tantissime donne, pezzi del femminismo che da tempo non si incontravano, luoghi delle donne a livello nazionale, associazioni, donne delle istituzioni, dei partiti e del sindacato. Diverse ma insieme. E abbiamo condiviso non solo di promuovere una Rete femminista di donne, nazionale e anche transnazionale, ma anche di sviluppare connessioni e convergenze con donne insegnanti, migranti, operatrici dei servizi pubblici, ricercatrici, donne delle istituzioni e altre realtà di resistenza, che assumono il paradigma della cura per costruire pratiche di solidarietà e di costruzione di cittadinanza. L’obiettivo è una mobilitazione da far pesare ora, subito, con azioni concrete, simboliche, politiche, a partire dai territori ma anche attorno al luogo dove si decide e dove vogliamo esserci.

Cominciamo facendoci sentire! Organizziamo insieme, come primo appuntamento, una catena di donne attorno al Parlamento, insieme per dare forza alle nostre idee e alle nostre voci.

“Non c’è più tempo, noi siamo la cura!”

Lettera aperta della Presidente di Navdanya International Vandana Shiva alla Sindaca Virginia Raggi

Gentile Sindaca Virginia Raggi,

In occasione del mio intervento per l’inaugurazione di Feminism, la Fiera dell’editoria delle donne in Italia, presso la Casa Internazionale delle Donne, sono stata messa a conoscenza del fatto che questo luogo sta per chiudere e che la concessione dello stabile di Trastevere è stata revocata dal Comune di Roma.

Nel corso di poche centinaia di anni il dominio del capitalismo patriarcale e l’attuale paradigma agricolo e industriale di tipo estrattivo basato sullo sfruttamento a senso unico delle risorse e delle ricchezze dalla natura, hanno portato il nostro pianeta sull’orlo del collasso.

Il recente rapporto sul clima del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ci ha avvisato che tra soli dodici anni potremmo aver già raggiunto la crescita della temperatura che l’Accordo di Parigi aveva ipotizzato per il 2100 e che è necessario agire ora, o ci troveremo ad affrontare una vera e propria catastrofe climatica. La nostra sicurezza alimentare e la nostra sopravvivenza si basano sulla conservazione della biodiversità, che è minacciata da quella che gli scienziati definiscono “la sesta estinzione di massa”.

L’ascesa dell’1%, vale a dire una minoranza di uomini estremamente facoltosi ed avidi, in procinto di controllare fino a due terzi della ricchezza mondiale entro il 2030, è caratterizzata da un attacco nei confronti di tutte quelle culture e conoscenze basate sulla condivisione e sul prendersi cura, incluse le economie circolari e solidali basate sulla conservazione delle risorse.

Nella storia le donne sono state relegate a fare il lavoro che era considerato irrilevante. Andare in guerra e uccidere era considerato importante. Fare profitti a spese degli altri era considerato importante. In realtà, le donne sono state lasciate a fare le cose reali: fornire l’acqua, fornire il cibo, e prendersi cura della famiglia. I valori di cui abbiamo bisogno sono i valori legati alla conoscenza di come vivere con la natura. Abbiamo bisogno di conoscenza su come prendersi cura. Abbiamo bisogno di conoscenza su come si condivide. Questo è il sapere delle donne, le capacità di cui avremo sempre più bisogno in futuro. O sarà permesso alle donne di mostrare la via o non avremo nessun futuro.

Per questo chiedo alla Sindaca Raggi non solo di proteggere, ma di amplificare il ruolo della Casa Internazionale delle Donne. Che diventi un laboratorio per le economie, le conoscenze e le comunità del futuro, dove i giovani, specialmente le giovani donne, possano trovare gli strumenti per costruire economie locali vibranti di vita. L’orto di questa Casa diventi il luogo dove possa rivolgersi chiunque voglia imparare a coltivare il proprio cibo, locale, fresco, biologico e libero da veleni. Questo luogo dovrebbe diventare l’Università del Futuro e non dovrebbe essere chiuso. Specialmente in occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, questo è l’impegno che auspico la Sindaca prenderà per il futuro di Roma e del nostro pianeta.

Un caro saluto
Vandana Shiva
Presidente di Navdanya International

Vandana Shiva: chi è

Vandana Shiva (Dehra Dun, 1952) è una fisica quantistica, conosciuta nel mondo come scienziata ed attivista ambientalista e leader nella scienza del sociale. Si è battuta per cambiare pratiche e paradigmi nell’agricoltura e nell’alimentazione; si è occupata anche di questioni legate ai diritti sulla proprietà intellettuale, alla biodiversità, alla bioetica, alle implicazioni sociali, economiche e geopolitiche connesse all’uso di biotecnologie, ingegneria genetica e altro.

Nel 1993 ha ricevuto il Right Livelihood Award, detto il Premio Nobel alternativo come presidente dell’International Forum On Globalization, ed attualmente è la vicepresidente di Slow Food.